di Daniela Marcone, referente del Coordinamento pugliese dei familiari di vittime innocenti delle mafie
Anche quest’anno fervono i preparativi per la grande manifestazione annuale di Libera, che unisce la memoria e l’impegno e ci porta nei luoghi che più hanno bisogno di attenzione sui temi che ci vedono impegnati nei nostri territori. Dalla Puglia partirà un gruppo di familiari delle vittime delle mafie, alcuni alla spicciolata, altri con un treno, ma tutti diretti a Latina, fermamente convinti che la loro presenza voglia dire qualcosa. Inutile dirlo, anche io faccio parte di questo gruppo e lo dico con orgoglio, l’orgoglio di avvertire per la prima volta che il percorso intrapreso durante l’anno trascorso ci ha resi realmente un gruppo. Probabilmente il nostro percorso di familiari non è noto ai più, si sa che partecipiamo ad incontri nelle scuole per raccontare la storia dei nostri cari, che, insomma, siamo un po’ come quelle statuine portate in processione una volta l’anno. Ebbene qualcosa è cambiato, questo gruppo di familiari pugliesi ha lavorato per un intero anno per guadagnare una diversa consapevolezza. Ognuno di noi ha avuto una doppia vita, un prima ed un dopo. Prima che qualcuno uccidesse il nostro congiunto e un dopo in cui, oltre al dolore che sa di sangue e metallo bruciante, c’è stato un cammino in salita tra aule di tribunali e manifestazioni per la memoria. Tra di noi ci sono figli, genitori, fratelli e sorelle. Le modalità degli omicidi sono diverse ma tra di noi, di questo, non parliamo mai. È come un tabù. Sappiamo però che mandanti ed esecutori materiali avevano lo stesso obbiettivo finale, affermare un potere mafioso sulle nostre città e per farlo hanno usato la violenza. I nostri cari ne sono stati le vittime. In questi anni di impegno nel settore della Memoria di Libera, mi sono spesso resa conto che noi stessi siamo stati resi vittime, non solo della mafia che ha ucciso i nostri congiunti ma della società stessa. Le nostre istanze sono semplici, chiediamo tutti le stesse cose: Giustizia e Prossimità. Uso le maiuscole perché per noi si tratta di bisogni vitali, stimoli a ricominciare una vita che spesso si è interrotta ed è ripartita con un peso emotivo peggiore. Per esprimere queste esigenze abbiamo scelto di non vivere il nostro dolore nel silenzio di casa nostra ma di raccontarci in pubblico, di affrontare timidezze e difficoltà. Ce lo diciamo sempre, le storie dei nostri cari vanno raccontate perché i quasi mille nomi delle vittime delle mafie che vengono letti ogni anno in moltissime piazze italiane, acquistino un volto, riacquistino vita. Non più nomi sconosciuti ma donne e uomini che hanno avuto affetti e che hanno combattuto per ciò in cui credevano. Alcuni di questi nomi appartengono a giovanissimi che non hanno fatto in tempo a vivere la loro storia ed i nostri racconti rendono i pochi anni che hanno vissuto ricchi e significativi, perché apportano un valore aggiunto. In fin dei conti, tutti i familiari in partenza da ogni luogo d’Italia raccontano storie simili che partono dallo stesso atto d’amore. Alla domanda - “perché lo fai?”- risponderanno – “perché non voglio che accada mai più” -.
Se noi familiari abbiamo scelto una strada così difficile, è pur vero che chiediamo a chi ci ascolta un impegno importante. Ai ragazzi delle scuole chiediamo di non dimenticare queste storie, di portarle con loro a casa, non come simboli di sacrifici dolorosi, ma come sprone a scegliere da che parte stare quando la vita gli imporrà una decisione difficile. Agli adulti che ci ascoltano chiediamo di stare dalla nostra parte, dalla parte di chi ha combattuto contro le mafie e continua a farlo senza paura. Agli amministratori chiediamo un impegno concreto: qui in Puglia non abbiamo alcuna legge che ci tutela, che ci aiuta nei nostri percorsi. Spesso ci capita di pensare che le nostre vittime sono di serie B o meno ancora. Ma questa considerazione ne porta con se un’altra, ossia che le nostre mafie siano di serie B, meno pericolose ed aggressive. Forse dovremmo ascoltare insieme il racconto di una ragazza a cui hanno ucciso entrambi i genitori, davanti ai suoi occhi e di altri due fratelli, sulle montagne del Gargano. Questa è una mafia più buona? Si tratta di una criminalità meno pericolosa per il territorio? Credo che a quella ragazza dovremmo poter dire che nella nostra Puglia esistono norme che la tutelano al pari che in Sicilia, Calabria o Campania. Noi familiari pugliesi partiremo per la giornata della Memoria e dell’Impegno, saremo davanti ad un corteo lunghissimo, il 22 marzo a Latina. Vorremmo camminare con gli amministratori delle nostre città, per mostrare che a fronte di una criminalità che si organizza, c’è una società che reagisce e lo fa con tutti gli strumenti che ha a disposizione, per garantire, appunto, Giustizia e Prossimità.