Sembra far parte del destino di una visione sullo straniero quest’inclinazione ad essere rappresentato come una presenza feticizzata, nel bene e nel male, classificabile ed analizzabile come fosse una specie animale. Filmato da lontano, esotizzato entro il cinema etnografico, lo straniero, diviene quel King Kong sottratto dalla giungla e immolato ad erotico soggetto cinematografico. I Tarzan, Mowgli e i King Kong incontrati nel cinema incorrono nel destino comune di subire questa lente “sull’Altro” come una diversità che appassiona per curiositas, ma che non si sofferma sugli elementi intrinseci al vivere la “diversità”.
Analogamente il migrante, straniero e vicino insieme, incarna un’alterità condannata o, all’inverso, spettacolarizzata, mettendo in atto questo mito della “bestia venuta dalla giungla”, per cui provare compassione e paura:
«Oggi è la bestia King Kong che viene a saccheggiare le metropoli, a liberarci della nostra cultura, morta per essersi depurata da ogni mostruosità reale e per aver rotto il patto con lei.» Jean Baudrillard, “Simulacri e impostura. Bestie, Beaubourg, apparenze e altri oggetti”, Edizioni Cappelli, Bologna 1980
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Inuit è un obiettivo che punta dove solitamente il pubblico non posa lo sguardo.
Attraverso l’organizzazione di una serie di workshop formativi intendiamo offrire la possibilità, a specifiche comunità e minoranze sociali, di formarsi all'uso etico e al ruolo emancipativo del mezzo audio-visuale e, in un passaggio successivo, di realizzare un prodotto filmico all'interno del quale oggetto della narrazione e punto di vista coincidano nella stessa persona o gruppo di persone.
I partecipanti ai nostri laboratori, con i quali entreremo in contatto grazie alla collaborazione con realtà sociali presenti e attive sul territorio pugliese, saranno donne e uomini con vissuti tra loro diversi ma accomunati dall'essere stati messi, in diversi modi e per diverse ragioni, ai margini della società.
Il nostro fine, artistico e sociale al tempo stesso, è di ribaltare questo meccanismo portando all'attenzione del pubblico le loro storie, attraverso un racconto espresso in prima persona, non filtrato dalla visione stereotipante che un qualsiasi osservatore esterno, inevitabilmente, porta con sé.