di Salvatore De Siena, frontman Parto delle Nuvole Pesanti
A Mesagne ci sono stato negli anni ’80 quando tutto il Sud era in preda alla diffusione “virale” dell’eroina, ed era già uno dei centri di spaccio più importanti della Puglia. All’università di Bologna avevo conosciuto tanti giovani di Mesagne e purtroppo alcuni di essi erano diventati tossici. Di quasi tutto loro ho perso le tracce. Ma ritornare qui in attimo mi riporta alla mente quegli anni come se fosse ieri.
Ma oggi è un altro giorno… e non è comunque facile suonare a Mesagne. Bisogna capire, entrare nella testa, sentire i palpiti del cuore… “Siete un pubblico favoloso, ballate ad intermittenza come le lucine di Natale”. La gente ballava su un brano e poi spariva a quello successivo per ricomparire ancora a quello dopo. Le tarantelle facevano accendere la luce, le polche la spegnevano. Però, come spesso accade, dietro le apparenze c’è sempre qualcos’altro. E la mancanza di ballo non necessariamente corrisponde ad una mancanza di coinvolgimento. A volte capita che l’energia viaggi a luci spente, nel buio, e s’inoltri nelle viscere della nostra esistenza senza tanti clamori.
Cosa mi è rimasto del viaggio pugliese? Tutte quelle facce dei ragazzini con cui avevo chiacchierato nel pomeriggio, quelli che sembravano tutti strani e sbandati, dediti allo spaccio e attratti dalla forza gravitazionale della Sacra ed invece si erano appena lasciati alle spalle bei voti ai licei di Brindisi e Mesagne, quei ragazzi che mi avevano detto “se questi beni ci offrono un lavoro, certo che ci andiamo a lavorare, e il lavoro è pure pulito e tranquillo”. Mi è rimasto Alessandro Cobianchi, responsabile nazionale legalità Arci, fisico asciutto e minuto ma con una folta capigliatura nera ondulata e occhi scuri e vivi “Guarda Salvato’, tu mi stuzzichi, ma se io fossi il ministro dei beni confiscati farei subito un fondo per investimenti da fare solo per i beni confiscati alla mafia”. Lo Stato incassa…ma non investe….
Mi è rimasta Daniela, figlia di Francesco Marcone, vittima innocente della mafia e occhi che ti mettono allegria malgrado la tragedia. “Quel giorno stavo rientrando a casa e mi sono ritrovato mio padre riverso sulle scale senza vita”. Puoi immaginare cosa ho potuto provare. Il dolore mi stringeva il cuore fino alla pazzia”. Alla fine del racconto si schernisce, sgrana gli occhi e mi abbraccia. Vorrebbe piangere ma le lacrime sono già nel suo sorriso e a me rimane un’altra emozione che si conficca direttamente nel cuore.
Mi è rimasto Fabio e i raccoglitori di pomodori. Fabio è un giovane socio della Cooperativa Libera Terra Puglia. Con le idee chiare “Qui sono tutti in regola e non ci sono caporali che sfruttano”. Mi è rimasta la vita dei braccianti. Schiamazzano, urlano, litigano e si raccontano i fatti propri e quelli degli altri. Sono una trentina, tutti lavoratori locali, non ci sono extracomunitari. Il campo sembra un formicaio impazzito. Vanno avanti e indietro trascinadosi i secchi, Si sentono voci frastagliate e un rumore di fondo prodotto dalle mani che rovistano tra le piante secche e bruciate alla ricerca dell’oro rosso, dai piedi che calpestano incessantemente terre e piante ormai vuote di frutti.
Mi è rimasto Pietro Fragasso, presidente della cooperativa di Cerignola, intitolata a Francesco Marcone, padre di Daniela. E’ grande di statura fisica, di gentilezza, generosità e forza morale. ma per capirlo bisogna scavare sotto la polvere di terra che ricopre i suoi vestiti e i suoi scarponi che porta malgrado la terra arda come brace. “Noi collaboriamo con Libera ma la nostra cooperativa è diversa da quelle di Libera Terra. I nostri soci non sono selezionati con bando pubblico perché non crediamo che questo sistema garantisca più degli altri la legalità ma facciamo entrare i soci sulla base della conoscenza che ci sembra un sistema più sicuro non solo di legalità ma anche di competenza.
Mi è rimasto Vito che sprona tutta la compagnia dei ragazzi di E!state Liberi. “Forza ragazzi riprendiamo il lavoro!”. Il lavoro che stanno facendo è un impianto d’irrigazione. Vito, responsabile attività della cooperativa, con la sua folta e lunga barba, parla con la bocca e lavora con le mani, anzi se non parla non riesce a lavorare. “La mia filosofia è quella dell’opera. Con i ragazzi ci mettiamo d’accordo per costruire un’opera completa nel tempo di permanenza. Così quando vanno via sanno che hanno realizzato qualcosa di concreto”.
Mi è rimasta Dora Giannatempo della Cooperativa Altereco, una ragazza minuta e simpaticona, pugliese verace e madre di due figli. Porta occhiali da vista che le danno un’aria da maestra stralunata di quelle che ti fanno preoccupare quando vieni a sapere che sarà l’insegnante dei tuoi figli ma che poi, piano piano, ti ripagano con tanta di quella gioia che non finisci mai di ripetere “Che fortuna che hanno avuto i nostri figli…”.
Mi è rimasto Michele Sacco, storico bracciante di Cerignola, un vecchietto ultranovantenne ma ancora lucido ed arzillo. “Di Vittorio non veniva mai a Cerignola. Lui diceva che cosa ci doveva venire a fare, che erano tutti d’accordo, che lui doveva andare in quei posti dove ancora i lavoratori non avevano preso coscienza”. Magro quasi come il suo bastone che lo regge anche da seduto, e con i suoi occhialoni spessi da vista, continua a raccontare per oltre un’ora di come si viveva ai suoi tempi, delle dodici ore di lavoro e del cibo che non c’era e della fame nera…insomma un tuffo nel tempo di quasi un secolo, quando ancora non c’era nemmeno Padre Pio a mitigare miseria e malattia…
Per visitare il sito del Parto delle Nuvole pesanti: http://www.partonuvolepesanti.com/concerti-dellestate-i-reportage-di-salvatore-de-siena/