Questioni di Frontiera
di Maria Teresa Lenoci* Dopo che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha deciso di inasprire le sanzioni nei confronti dell’Iran, l’Europa dovrebbe guardarsi da un’altra minaccia che viene dalla dittatura di Ahmadinejad: Teheran, infatti, sta cercando di costruire un proprio impero del gas e potrebbe presto inviarlo verso l’Europa e il Pakistan. È necessario fare un passo indietro e riepilogare la questione dei gasdotti che si intreccia con i conflitti geopolitici globali. I progetti al vaglio dei Paesi europei privi di fonti energetiche sono due: South Stream e Nabucco, entrambi al momento arenati. Il Nabucco è il gasdotto nato dagli accordi tra UE e Usa, concepito per portare il gas dall’Asia Centrale attraverso il Caucaso e la Turchia in Europa, bypassando la Russia. Il South Stream, al contrario, è il progetto russo che porterebbe il gas dal Mar Nero in pieno Vecchio Continente, dividendosi in due bracci, di cui uno arriverebbe in Italia tramite la Puglia.
Il problema del Nabucco, sponsorizzato fortemente dagli americani, è che gli accordi con i paesi produttori di gas da cui attingere materia prima (Azerbaijan in testa) non sono stati ancora stipulati. Invece la Russia ha appena firmato un accordo da 7.000 milioni di metri cubi di gas con gli azeri. Anche il Turkmenistan ha appena aperto un nuovo gasdotto verso l’Iran. Se Nabucco secondo le intenzioni iniziali doveva attingere da un paese sul Mar Caspio, chi resta? L’Iran, che sta diventando rapidamente un indispensabile fonte di energia per l’Europa. Ovviamente Washington fa sapere che non sosterrà Nabucco se Teheran è coinvolta. Ma per l’UE la questione si fa pressante: le proiezioni dicono che la domanda annuale di gas aumenterà dagli attuali 500 miliardi di metri cubi a 815 miliardi entro il 2030, mentre il Nabucco si prevede ne fornisca solo 31 miliardi. Per l’Unione Europea significa scambiare un fornitore inaffidabile, la Russia, per l’ancor meno prevedibile Iran.
Attorno a tutto questo ruota la questione delle sanzioni dell’Onu. Il Presidente Obama ha spinto dall’inizio del suo mandato per l’approvazione in Consiglio di un inasprimento delle sanzioni nei confronti di Teheran. Gli interessi e i giochi politici però sono tanti. In questo campo Obama è costretto a subire le pressioni del Congresso che spingono per l’approvazione di sanzioni unilaterali. Il gioco riguarda tra i due colossi asiatici. La Cina è debitrice nei confronti di Teheran del 20% del petrolio che consuma e inoltre ha un bisogno disperato di gas che spera di ottenere dirottando nei suoi territori il gasdotto previsto verso India e Pakistan. La Russia fornisce armi e tecnologia nucleare all’Iran, ma allo stesso tempo ha bisogno di tenersi stretto l’alleato americano. Ha cercato di mediare con Ahmadinejad, ma con scarso successo. Obama sa che è un momento propizio per attaccare, secondo la sua linea di pensiero che però non prevede bombe, ma il dialogo e la prudenza anche col più fanatico dei nemici, l’Iran, uno dei più longevi nella storia americana.
* Maria Teresa Lenoci è uno dei ricercatori di QF.