Questioni di Frontiera
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di Miriam Marinaccio*. Una vittoria di certo non inattesa ma, nondimeno, schiacciante. Una campagna elettorale partecipata appassionatamente dai Pugliesi e seguita con trepidazione da tutta la sinistra. Dopo le vicende che hanno visto la Regione di Vendola al centro dei più recenti scandali che hanno coinvolto il governo ed esponenti della giunta regionale, le elezioni in Puglia hanno un significato di respiro politico nazionale.
Se si confrontano poi i risultati delle Regioni cedute dal PD al centrodestra si può cogliere la portata della scommessa politica vendoliana. Scorrendo i commenti sui blog in giro per la rete, si respira, tra i giovani soprattutto, un’attenzione straordinaria e sorprendente per le vicende pugliesi. Una regione storicamente conservatrice che ha scelto di votare il centrodestra alle elezioni politiche nazionali e che ha deciso a livello locale di farsi guidare da un governatore di sinistra. La situazione è paradossale e anomala, come ama dire Vendola nel riferirsi alla sua Regione, o l’esito elettorale è semplicemente il sincero sostegno ad una politica nuova, ad una sinistra davvero riformata, nei contenuti, nelle strategie, nelle pratiche?
Laboratorio, Fabbriche. Parole non certo nuove nel vocabolario di sinistra ma con riferimenti attuali e innovativi. Un atelier di sperimentazione politica e di partecipazione civile. Un sistema di idee, reti e progetti radicati nel territorio a racchiudere il segreto del successo. Solo in apparenza, il voto disgiunto che ha contraddistinto la scelta elettorale dei pugliesi che hanno preferito le liste del centro destra optando però per un presidente comunista, appare inspiegabile. Lo sfidante imposto da Roma, non era all’altezza della popolarità del governatore in carica, il carisma in quest’occasione ha giocato un ruolo centrale e il consenso è stato trasversale. Curzio Maltese di Repubblica parla di fine della Seconda Repubblica e della sconfitta dei due dominatori della scena politica italiana del dopo guerra fredda, Berlusconi e D’Alema. Vendola vince due elezioni dal peso politico ben maggiore delle loro ricadute locali. Una terza via tutta italiana, sintesi delle due anime, cattolica e comunista? Un compromesso storico tutto da inventare? O da recuperare, almeno nei temi?
Una popolarità nuova per la sinistra acquisita da cinque anni di governo di una regione che si è staccata di dosso l’immagine stereotipata dell’arretratezza e del degrado tipiche di una periferia. Passateci il paragone, un personaggio che incarna negli slogan, nella sua biografia, nella sua persona lo yes we can, del presidente americano in versione pugliese. E’ difficile che resti un’esperienza chiusa al sudest d’Italia. Il confronto a tutto campo sulle libertà civili, sui diritti umani, sulla laicità e sulla fede cattolica, proattivamente segna un percorso. Una strada che gira a sinistra e che se opportunamente rimessa in sesto potrà rappresentare un’alternativa percorribile che raccolga perlomeno una proposta organica e progressista.
Il centrodestra che sperimenterà nel dopo elezioni un proprio riequilibrio interno, dopo la conquista del nord da parte della Lega, la disfatta in Puglia e la faccenda delle liste nel Lazio certo non appare più quella delle elezioni europee e ancor meno delle politiche del 2008. Un rimescolamento interno ai due schieramenti vedrà sempre più contare il radicamento nei territori e il carisma dei nuovi leader. A destra, il dopo Berlusconi, difficilmente vedrà la comparsa di un personaggio sorprendente come l’attuale Presidente del Consiglio, a sinistra, una breccia nella burocrazia partitica del Pd è stata aperta. Una “Terza via” finalmente da riscrivere autonomamente qui da noi, in Italia, alternativa alle destre, sintesi nuova di istanze solo debolmente legate a ideologie consacrate e diretta invece alla risoluzione delle nuove sfide del mondo globalizzato. L’ambiente, i giovani, il lavoro al’epoca della delocalizzazione e della flessibilità. La valutazione degli obiettivi, la messa in atto di azioni concrete e il recupero dei referenti storici della sinistra persi nel vuoto di alternative, impegneranno ancora per molto le formazioni partitiche di sinistra.
Il dibattito e il confronto sui programmi, l’elaborazione di una visione strategica, la coerenza, hanno premiato il governatore pugliese. L’esperimento politico della giunta Vendola se si mostrerà all’altezza delle aspettative, potrà, se ci sarà inoltre il coraggio anche da parte della sinistra “moderata”, essere una feritoia che si allarga fino a diventare uno squarcio nell’omologata cultura politica nazionale, sempre più chiusa in se stessa. Un risultato, un successo, quello di Vendola, di cui gioiscono entusiasti e orgogliosi i cittadini Pugliesi, forse gli unici elettori di sinistra, nel desolante panorama nazionale, a non sentirsi dopo questo voto ancora più disillusi e sconfortati. Un risorgimento meridionale pacifico e spontaneo. Una risposta nata dal basso, un bisogno di partecipazione appagato e appagante per tutti i giovani pugliesi che per la prima volta si sono sentiti davvero rappresentati. C’è qualcuno che sta pensando a loro, in Puglia.
Un attivismo politico quello di Vendola messo a servizio personalmente, attraverso la delega nei cinque anni passati, non solo all’amministrazione generale ma anche alla Politica Estera, ai Rapporti Istituzionali, al Decentramento. Nelle relazioni esterne un modello nuovo si articola intorno a parole d’ordine note. La valorizzazione delle risorse umane e delle relazioni personali tra le due sponde dell’Adriatico ha reso la Puglia una protagonista delle dinamiche estere comunitarie. Lo sviluppo del Mezzogiorno, area tra le più arretrate dell’intero continente europeo, non avverrà sulla base di una visione positivista e quindi infallibile di progresso, né l’arretratezza è destinata ad essere il fatale destino di queste terre. La determinazione e la volontà di scoprire nuovi itinerari nel percorso di creazione di un sistema territoriale che si esprima nella volontà dei soggetti economici e sociali si coagula intorno a priorità ben stabilite.
La produttività e quindi lo sviluppo socioeconomico dipendono in fondo da servizi (o diritti!) come un buon livello di istruzione e formazione dei cittadini e le reti infrastrutturali. E’ su questo che i policy makers nazionali dovrebbero riflettere. In Puglia si è iniziato a seguire questa pista che è stata apprezzata dai cittadini, e in Italia? Vendola ha puntato principalmente su giovani e formazione, energie rinnovabili e relazioni esterne, tre temi tenuti insieme da un sistema formato da Istituzioni politiche, reti economiche e università. Il tutto sostenuto dalla incredibile capacità di Vendola di arringare le folle. La costruzione della politica estera della regione Puglia poggia sull’innovazione, sull’imprenditoria e lo sviluppo sociale e umano da realizzarsi attraverso la cultura e la cooperazione che da transfrontaliera si amplia in transnazionale e intereuropea tenendo in rete il livello decentrato con le relazioni nell’intero bacino mediterraneo. L’incessante attività di coordinamento e integrazione delle proposte provenienti dalle varie articolazioni del sistema sociale locale, l’integrazione dei progetti a sostegno dello sviluppo dell’economia territoriale si realizza attraverso gli investimenti nelle energie e nelle infrastrutture, temi che stanno a cuore al nostro Paese nel suo insieme. Ed è cosi che la Puglia sfruttando al meglio le potenzialità progettuali e finanziarie messe a disposizione dalle istituzioni dell’Unione Europea si muove in maniera autonoma, grazie anche ai poteri legislativi legittimamente esercitati in virtù della riforma del titolo V della Costituzione che delega poteri normativi alle regioni.
Le strategie messe in atto dalla Regione Puglia, e soprattutto dai suoi segmenti istituzionali pubblici e privati, come l’assessorato al Mediterraneo, le Camere di Commercio, le associazioni imprenditoriali si articolano su Programmi europei che sostengono la proiezione internazionale del tessuto produttivo regionale. La prossimità geografica, la cultura e la storia, sono tutti elementi a sostegno della creazione di relazioni commerciali e finanziarie soprattutto nell’area mediterranea e più in particolare in quella adriatica. Per capitalizzare questo patrimonio economico non è più procrastinabile un intervento deciso da parte delle istituzioni politiche locali e nazionali diretto allo sviluppo di collegamenti nell’Adriatico meridionale previsti da anni dal progetto del Corridoio Paneuropeo VIII, pena perdita di competitività non solo della Puglia, ma dell’intero mezzogiorno nell’area balcanica.
A tal fine la nuova Politica di Coesione prevista per il quinquennio 2007-2013 dalla Regione Puglia ha come obiettivi principali la convergenza, la competitività Regionale e l’Occupazione, la Cooperazione territoriale europea. La ristrutturazione dei fondi europei ha permesso la razionalizzazione dei numerosi strumenti di cooperazione e dei programmi previsti prima del 2007 oltre alla predisposizione di quattro nuovi Fondi. Nel discorso in esame il riferimento va in particolare al FESR – Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, orientato alla promozione degli investimenti per la riduzione degli squilibri regionali nell’UE, alla ricerca, all’ innovazione, alle questioni ambientali e alla prevenzione dei rischi, ai progetti infrastrutturali e al FSE – Fondo Sociale Europeo diretto, invece, alla promozione dell’occupazione. Il deficit di politica estera nazionale è, da una parte colmato dall’effervescenza delle regioni, sempre più internazionalizzate ed autonome nella definizione dei propri indirizzi e, dall’altro, accresciuto dall’assenza di un coordinamento multiregionale e di un’articolazione sistemica delle reti transnazionali delle Autonomie locali con le reti sociali.
La partnership ormai ultradecennale della Regione Puglia con l’Albania in particolare, rappresenta ormai un legame economico sociale stretto tra le due sponde adriatiche, quella regionale pugliese e quella balcanica oltre a rappresentare un’interazione concreta tra due realtà geopolitiche diverse, l’Unione Europea e i Paesi candidati. L’azione di indirizzo e programmazione nazionale può far leva su queste esperienze positive e portatrici di sviluppo, che dovrebbero meglio intrecciarsi nei processi multilaterali e multilivello, pur sempre nella conservazione della positiva esperienza della cooperazione decentrata.
La multi-attorialità che caratterizza le relazioni internazionali nell’attuale momento storico è l’eredità principale della dissoluzione dei due blocchi dopo l’89. La creazione di Tavoli di Concertazione nella Regione Puglia che ha coinvolto concretamente il tessuto delle piccole e medie imprese locali nella messa in atto dei progetti sostenuti dai finanziamenti europei e dai bandi regionali è solo un esempio di pratiche efficaci di creazione di consenso e di progettualità economico-sociale. La prospettiva di sviluppo si apre da ultima al contesto mediterraneo all’interno del quale si dovrà cercare di rispondere a fenomeni strutturali che necessitano di una programmazione complessa per essere gestiti nel lungo periodo, come le migrazioni e le politiche di integrazione.
Le relazioni internazionali della Regione Puglia con i Balcani Occidentali nel settore energetico, nella tutela dell’ambiente, nella promozione turistica e culturale, che si dispiegano nell’ambito dei Programmi di Cooperazione territoriale europea, sono un esempio di sviluppo e di internazionalizzazione del sistema economico-sociale locale. Gli investimenti nelle energie rinnovabili, nella ricerca e nella formazione, la realizzazione di opere infrastrutturali, rappresentano, allo stesso tempo, altrettante proposte politiche di respiro nazionale. Un’ opportunità di sviluppo, quella della Puglia, che può rafforzarsi attraverso le reti di collegamento tra Italia, Albania, FRY Macedonia, Bulgaria, e Turchia, previste dal Corridoio paneuropeo n. VIII, che creeranno ancora maggiori possibilità di scambio culturale, di crescita economica e di miglioramento sociale.
Un nuovo ruolo da protagonista per la Regione Puglia, un equilibrio geopolitico stabile nella regione adriatica, e chissà mediterranea, all’interno della cornice del processo di allargamento dell’UE a sud-est che, nel lungo periodo, consentirebbe di bilanciare quella pendenza, non solo geografica, che l’Europa ha oggi verso Nord-Ovest. In prospettiva appare un nuovo modello di politica estera di sinistra ma soprattutto una chance concreta di ritagliare per l’Italia un ruolo da protagonista a Bruxelles.