di Annalisa Marroni*. L’inizio della primavera coincide per i curdi con il festeggiamento del loro capodanno. Il Newroz, una tradizione di origini zoroastriane nata in Persia in epoca preislamica, vuol dire letteralmente “nuovo giorno”, ma per il popolo curdo questa festa è diventata un importante momento di unità nazionale. Attraverso questa ricorrenza, i vari gruppi tribali, discendenti dagli abitanti dell’arco montuoso formato dai monti Tauro e Zagros, ricordano l’antico passato comune rinsaldando così la propria memoria collettiva, compromessa dalle politiche repressive attuate dai diversi Paesi in cui sono distribuiti. Come è noto, infatti, i curdi si trovano divisi tra quattro Stati: Turchia, Siria, Iran e Iraq. Dalla fine dell’impero ottomano ad oggi, nessuno di questi Stati ha riconosciuto la legittimità delle rivendicazioni di indipendenza nazionale.
La leggenda vuole che il 21 marzo del 612 a.C., i Curdi siano stati liberati dalla dinastia persiana dei Pishdad grazie all’intervento del fabbro Kawa, che uccise il re persiano Giamshid. Questi aveva due escrescenze sulle spalle che si nutrivano di cervelli umani: il tributo umano che le popolazioni a lui sottomesse dovevano pagare era quindi molto alto. Un giorno, però, Kawa si ribellò e uccise Giamshid, ponendo fine a questo sopruso. Accese, poi, un fuoco con il quale guidò il ritorno del suo popolo tra le montagne.
Il fuoco è l’elemento centrale dei festeggiamenti del capodanno: anche a Roma, al centro di un vasto spiazzo – presso l’associazione culturale Ararat, dove ogni anno la comunità curda celebra la ricorrenza – è stato acceso un grande falò per commemorare il mitico episodio. Attorno a questo fuoco sono iniziate le danze, mentre alcuni ragazzi sventolavano delle bandiere dipinte di rosso, verde e giallo ( i colori del popolo curdo), e altre con il ritratto di Ocalan, lo storico leader del Pkk in Turchia. Attraverso le danze collettive intorno al fuoco, i giovani curdi hanno coinvolto tutti i presenti ad unirsi a loro, in una serata in cui mito e storia si sono intrecciati per dare voce ad un popolo che troppo spesso è stato costretto a tacere.
In molti paesi, infatti, il festeggiamento del Newroz è vietato. La Turchia, ad esempio – dove vige una costituzione, risalente al 1980, che contiene degli articoli che negano il riconoscimento, la difesa e la salvaguardia di altre etnie, minoranze linguistiche e religiose – impediva le celebrazioni curde del Newroz, perché costituivano un’occasione per questa minoranza di rivendicare il riconoscimento dei propri diritti e della propria identità. Recentemente, invece, si è appropriata di questa ricorrenza includendola tra le proprie feste nazionali, per affermare la propria unità nazionale a scapito delle minoranze etniche presenti sul suo territorio. Poiché la questione curda in Turchia è ancora una ferita aperta, i festeggiamenti sono spesso caratterizzati da violenze e repressioni a danno di questa popolazione.
Anche in Iran la festa è vietata perché risalente all’epoca zoroastriana. In Siria, invece, è possibile festeggiare il capodanno, ma i Curdi restano una minoranza oppressa: dal 1963 a oggi ben 300.000 Curdi siriani sono stati privati dei documenti d’identità e vivono come clandestini nelle loro terre. Solo in Iraq il Newroz è festeggiato liberamente, adesso che il presidente della Repubblica irachena è di etnia curda.
La questione curda, spesso sfociata in derive terroristiche a causa dell’impossibilità di affermare liberamente le proprie rivendicazioni politiche, resta ancora irrisolta come dimostrano due episodi che hanno riacceso nelle ultime settimane l’attenzione internazionale. In Italia e in Francia è stata condotta un’azione di polizia volta a smantellare una rete internazionale finalizzata al reclutamento di militanti per il PKK, che ha portato all’arresto di quindici persone di etnia curda accusati di aver creato dei distretti di reclutamento per ragazzi da inviare a compiere atti terroristici all’estero. Lo scorso 5 marzo in Belgio, all’interno della stessa operazione, le forze di polizia hanno sequestrato e devastato la sede dell’emittente satellitare curda Roj tv, ponendo in stato d’arresto otto persone. Questi episodi, condannati dalla popolazione curda come un ulteriore tentativo di criminalizzazione nei suoi confronti, dimostrano quanto la questione sia ancora aperta e di difficile soluzione.
*Annalisa Marroni ha frequentato i Seminari 2010 a Tor Vergata.