Questioni di Frontiera
di Silvia Moresi*. Al contrario di quanto si crede in Occidente, il movimento di Hamas (acronimo di Harakat al-Muqawama al-Islamiyya, Movimento di resistenza islamico) non è nato simultaneamente alla creazione dello stato di Israele, ma vent’anni dopo, sul finire del 1987. Le sue radici ideologiche risalgono al movimento egiziano dei ‘Fratelli musulmani’ la cui sezione palestinese fu creata a Gerusalemme nel 1946. I Fratelli musulmani sono alla base di numerosi movimenti islamici operanti in tutto il Medio Oriente, ma pur avendo le stesse premesse ideologiche (stabilire stati islamici e unificarli in una istituzione sovranazionale che rappresenti la ummah) assumono caratteristiche ben diverse a seconda del contesto in cui operano, non essendo subordinate ad una gerarchia sovranazionale.
Dopo la ‘guerra dei sei giorni’ del 1967, e la contemporanea disfatta del socialismo nazionalista (il cosiddetto panarabismo propugnato da Jamal ‘Abd al-Naser), i movimenti islamici iniziarono la loro graduale ascesa, e i Fratelli musulmani rafforzarono la loro influenza nella zona stabilendo le loro basi e sezioni in tutte le più importanti città della Palestina.
Nel dicembre del 1987, lo scoppio della prima intifadah fu l’occasione per i Fratelli musulmani di sottoporre ad una drastica trasformazione interna il movimento, fino ad allora sostanzialmente passivo verso l’occupazione, creando con Hamas un’appendice con il compito preciso di opporsi alle forze israeliane.
Il primo documento di Hamas, in forma di statuto, risale al 1988 ed è evidentemente intriso di retorica gravida di antagonismo religioso con vaghi riferimenti all’idea di creare uno stato islamico in Palestina. Nel corso di questi anni, anche il movimento ha avuto uno sviluppo, e si può affermare che questo primo statuto sia stato sostanzialmente accantonato e che molte delle affermazioni in esso presenti non siano più in linea con l’attuale orientamento del partito.
In un successivo documento, infatti, il movimento si autodefinisce come ‘un movimento nazionale per la liberazione della Palestina che combatte per la liberazione dei territori occupati e per il riconoscimento dei legittimi diritti dei palestinesi’ considerandosi espressione di una antica tradizione che data agli inizi del XX secolo, alla lotta contro gli inglesi e contro il ‘colonialismo sionista’. Pur essendo esplicitato nel documento che il quadro ideologico di rifermento del movimento rimane ovviamente l’Islam e i suoi principi, nel documento non si fa mai più riferimento né esplicito né implicito all’intenzione di creare uno stato islamico in Palestina.
Che il movimento non aspiri più, se mai l’abbia fatto concretamente, alla creazione di uno stato islamico, è forse testimoniato dal fatto che durante le ultime elezioni del 2006, gli esponenti di Hamas abbiano dato il loro appoggio ai candidati cristiani, facendo ottenere loro seggi in parlamento, e abbiano nominato come ministro del turismo del loro governo il cristiano Juda Murqas. (E’ solo una strategia politica o vale come apertura concreta a un’idea di ‘unità nazionale’ palestinese?).
Questione fortemente dibattuta in Occidente, e non solo, è se Hamas possa considerarsi un movimento antisemita. E’ importante chiarire innanzitutto che il termine ‘antisemitico’ utilizzato nel contesto israelo-palestinese è altamente problematico e evidentemente privo di significato, essendo gli arabi stessi popolazioni semitiche; se ci si vuole riferire, quindi, ad un atteggiamento ostile da parte di palestinesi nei confronti degli ebrei, sarebbe più corretto parlare di antiebraismo.
Il documento del 1988, redatto da una unica persona e pubblicato senza una adeguata consultazione interna al movimento, contiene effettivamente molte affermazioni contro gli ebrei, ma queste sono fortemente in contrasto con le successive dichiarazioni di alcuni leader di Hamas.
* Silvia Moresi ha seguito i Seminari di QF a Bari: il suo progetto sull’identità e sulla letteratura palestinese è risultato il migliore dell’edizione 2009.