Guido "La guida appassionata"
Guido ci ha accompagnati in una passeggiata d'incanto, con un racconto che ha abbracciato amorevolmente i "suoi luoghi", e con la cosapevolezza di un'appartenenza che è un'idea aperta, estesa: quello che era in quel momento lì, egli stesso, ci parlava di quell'eterno fluire che per il mediterraneo continua ad impastare popoli e culture. Egli stesso, la sua vita, come la più coerente prosecuzione della storia di quella comunità, quel filo che è opportuno non spezzare per rimanere immuni da quei processi del turismo che svuotano i luoghi. Feudatari, briganti, crociati e soprattutto le storie di quella gente che da sempre ha lottato per il proprio sacrosanto diritto di esistere. Insieme a Guido, questi ultimi, questi uomini e queste donne, sono stati i nostri migliori compagni di viaggio.
Giuseppe “La poesia del paesaggio”
“La poesia può essere la sintesi impeccabile di tutto”. Queste parole ci hanno messo la pace nel cuore e nelle scarpe: “nei posti in cui ha vissuto l'uomo l'erba è di un verde più denso”. Siamo arrivati ovunque, percorrendo i tratturi, i sentieri, guardati dalle pietre, cullati e curati dalla morbidezza delle curvature dei muretti a secco. Quei muri che paiono come una metafora di come ognuno dovrebbe costruire la propria vita o i rapporti con gli altri. Giuseppe ha dei frasari che non violano il silenzio. É l'incanto che non smuovi. Giuseppe, è egli stesso quei luoghi, continua a levigarsi i palmi delle mani accarezzando quelle pietre, quelle pietre che alzano i tholos dei trulli, e che percorrono l'andamento dei campi in miriadi di canaline che accolgono l'oro delle acque (ciò che ha consentito per millenni la vita), convogliandole nei pozzi e nelle cisterne. Il trullo è una struttura meravigliosa, una abitazione ecologica che condensa in sè tutta la conoscenza e il genio di un'intera civiltà, il futuro che ci è consegnato direttamente dal passato.
Gennaro “li chianghett' e il vestito della domenica”

Gennaro il trullaro, ci ha accolto con un sorriso luminoso (nonostante il nostro ritardo), e con il bel vestito che aveva. Abbiamo subito avuto la sensazione che, le parole di quest'uomo con le dita inspessite dal lavoro e gli occhi azzurri, avessero a che fare con un mistero antico, qualcosa che è dentro di noi come un archetipo. Li chianghett': questo suono aguzzato, ripetuto, messo ovunque nella conversazione, insieme ai gesti delle mani, ci dava il senso di come gli anelli di pietra, del rivestimento esterno del trullo, salivano chiudendo il tholos fin nella sommità, fino al “punto” del pinnacolo. Era come se il trullo crescesse davanti ai nostri occhi. Un'emozione che ancora non riusciamo a toglierci di dosso. In realtà, Gennaro, si definisce un riparatore di trulli, e un parietaro (costruttore di muretti a secco). Ci ricorda che non si costruiscono più i trulli di una volta, li chianghett' (lastre di calcare) ormai vengono lavorate con procedimenti industriali, e non estratte e lavorate manualmente. Leggiamo un leggero dispiacere negli occhi di sua moglie, che lo accompagna nel racconto.