Con passo segreto, abbiamo ingannato tutti gli altri impegni oggi e siamo tornati al blog, naturalmente, così come si torna a casa dopo la prima tappa di un viaggio, pieni di diapositive da rivedere ad ogni batter di ciglia, lubrificando per bene lo sguardo dei ricordi.
In questi giorni inseriremo altri post per aggiornare il lavoro ormai giunto a metà percorso che l'Associazione Culturale Aveddhi ha svolto fin qui. Per oggi ci fermeremo al nome.
Il nome Aveddhi l'abbiamo preso in prestito dalla poesia quotidiana di un rappresentante di quella che Luigi Veronelli definiva l'ultima delle civiltà, quella contadina.
All'inizio del progetto ci siamo imbattuti in questo splendido personaggio che aveva nelle mani percorsi sconosciuti, il quale ci illustrava con semplicità imbarazzante la memoria delle pietre, quello che il territorio gli aveva insegnato in tanti anni. Le sue parole mutavano come le stagioni a seconda dei ricordi, poi ad un certo punto, al momento di spiegargli la natura del nostro progetto, faceva fatica a capire. Trovava problematico in particolare un punto, immaginarsi il luogo che avrebbe accolto le nostre ricerche, il nostro lavoro, non ne coglieva la fisicità. Un portale on-line, grazie alle nostre faticose e imbarazzate descrizioni, era diventato nella sua mente un qualcosa che è nell'aria da qualche parte e che poi si materializza su di un computer, entità anch'essa non priva di misteri. Il nome nasce da qui, dagli angoli della sua bocca curvati in basso con l'espressione insicura di chi ha trovato una soluzione semplice ad un enigma complesso e chiedeva quasi conferma con gli occhi mentre descriveva con una sola parola in dialetto il luogo che aveva tanto cercato, aveddhi, per l'appunto, cioè letteralmente da nessuna parte.
A presto