
Il titolo Sounds Of The Universe è denso di significati. “Abbiamo usato molti vecchi sintetizzatori e percussioni tradizionali, che evocano in qualche modo l’immagine dell’universo e un viaggio nello spazio” spiega il leggendario autore della band, Martin Gore. “È come se fosse un ieri del futuro. Ecco perché, per me, il titolo dell’album è perfetto.” La sua materia prima è compostada 13 canzoni atmosferiche e stellari, introspettive con leggere e a volte impercettibili pulsazioni ritmiche. Caldamente sconsigliato scaricarlo in mp3 e non solo per motivi legali o morali, soltanto l'ascolto in altissima qualità (DTS) rende giustizia al certosino lavoro di costruzione sonora fatto in studio da Martin Gore e Ben Hillier: addirittura ne cambia il senso in alcuni brani.

La copertina di "Sounds of the universe" ha grafica minimale, geometrica con un solo cerchio e rettangoli colorati con le tonalità principali, a simularne l'origine creativa.
È stata rilasciata anche un'applicazione gratuita che permette di creare “Suoni dell’Universo” personalizzati sfiorando su touchscreen le barre colorate sulla cover dell'album, tramite le quali è possibile “vedere la musica” e selezionare 8 set di loop audio inediti creati direttamente dalle sessioni di registrazione di Sounds of The Universe. Suoni e colori miscelati assieme, racchiusi in un unico cerchio.

Proprio come nel cerchio dei colori di Newton, che mostra anch'esso legami tra i diversi colori e le note musicali.
Egli osservò che quando un raggio di luce colpiva una superficie di un prisma di vetro con un certo angolo, una parte del raggio veniva riflessa, mentre la parte restante attraversava il prisma e ne usciva scomposta in bande colorate. Newton ipotizzò che la luce fosse composta da particelle di differenti colori, e che ogni colore viaggiasse con una propria velocità, compresa tra quella del rosso (il più veloce) e quella del violetto (il più lento). Ne conseguiva che ciascun colore subiva la rifrazione in maniera diversa, cambiando traiettoria e separandosi dagli altri (una cosa simile accade nell’arcobaleno: la luce che passa attraverso le piccole gocce d’acqua, sospese nell’aria dopo una pioggia, si scompone nei sette colori dello spettro).
Newton divise lo spettro in sette diversi colori: rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco e violetto.

A partire dell'osservazione dei colori dello spettro Newton disegnò il cerchio dei colori sul quale i colori dello spettro venivano riportati insettori la cui larghezza era in relazione a quella osservata nello spettro. La posizione dei colori sul cerchio definiva le relazioni di qualità tra i colori stessi, Newton immaginò che tra i colori potessero esserci delle relazioni armoniche come tra le sette note musicali, e che i colori vicini tra di loro (adiacenti) sviluppassero rapporti armonici, mentre i colori che si trovavano in opposizione (complementari) avevessero tra loro una relazione dinamica. Ogni colore con la sua "banda di frequenza" può orchestrare, assieme agli altri, vere e proprie sinfonie, come sperimenterà in seguito un noto pittore di cui parleremo più avanti.
Questa rappresentazione del crechio cromatico di Newton mostrò per la prima volta la natura vettoriale del colore, la quale fu compiutamente capita solo dopo che il calcolo vettoriale fu concepito a metà del diciannovesimo secolo. I risultati delle sue ricerche sulla luce e la visione vennero pubblicati nel 1704 nel trattato da titolo OPTIKS, uno dei capolavori della letteratura scientifica.

Al giorno d'oggi il cerchio dei colori di Newton è alla base della funzione chroma wheel di numerosi programmi e software di grafica.